di Letizia Tinacci, psicologa psicoterapeuta.
Il settore dove ho applicato i miei primi
rudimenti di psicologia relazionale è stato il mondo
dell’infanzia. All'inizio della specializzazione presso
il C.S.A.P.R, infatti, gestivo, con la cooperativa che
avevo fondato, spazi gioco e ludoteche per conto di enti
pubblici.
Ogni pomeriggio accoglievo una ventina di bambini 0-3 anni, con le
loro famiglie; ogni pomeriggio, dovevo avere chiari
gli obbiettivi del servizio, ascoltare i bisogni dei piccoli e
degli adulti che li accompagnavano, gestire le dinamiche di gruppo,
quelle con i colleghi e quelle con i committenti. E’
stata la palestra relazionale più importante della mia
vita, una “doccia fredda sistemica” che mi ha obbligato a tener
conto di tutti, escludendo per necessità ( e magari neanche con
tanta consapevolezza!) una visione lineare della realtà, che mi
avrebbe suggerito una relazione esclusiva con i bambini, tralasciando
le altre preziosissime parti in gioco.
Successivamente ho avuto un incarico di psicologa al Centro
Affidi..stavolta potevo appoggiarmi alla pregressa esperienza, ma la
posta in gioco era ancora più alta ed il livello di complessità era
maggiore. L’obbiettivo era il benessere del minore e proprio
per questo non potevo prescindere dalla rete di relazioni
significative a cui apparteneva: la famiglia d’origine e
quella affidataria, il suo contesto scolastico e sociale, i
Servizi di riferimento.
In parallelo non potevo perdere di vista me stessa, la relazione con
il bambino, quelle con i colleghi e con i miei committenti, le
aspettative legate al ruolo.
Di nuovo la psicologia relazionale si é rivelata preziosa: al
passo con i cambiamenti repentini di questo momento storico e con la
necessità di adattarsi ai diversi contesti, relativamente breve e
molto efficace anche su un piano concreto.