di Chiara Contini, psicologa psicoterapeuta, socia e docente di CSAPR Prato.
Da
alcuni anni, in qualità di psicoterapeuta, collaboro con
l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (A.I.S.M) nella sezione
di Prato, a contatto con pazienti che spesso combattono contro una
profonda sofferenza psicologica, oltre a quella fisica inflitta dalla
malattia. La sclerosi multipla è, infatti, una patologia a decorso
cronico che altera profondamente lo stile di vita di chi ne è
affetto e spesso causa ripercussioni su tutta la rete familiare e
relazionale. Queste persone vivono, in seguito alla diagnosi, una
fase di “lutto” che, come ci insegna Cancrini (1), da un punto di
vista psicologico non è legato solo alla morte, ma è “l’insieme
delle reazioni con cui si tenta di controllare il dolore legato alla
perdita di qualcosa di importante”; queste persone “perdono”
infatti la percezione di sé come persone normali e ciò si
ripercuote spesso anche sulle loro relazioni, intra ed extra
familiari. Diviene quindi indispensabile avere strumenti e capacità
cliniche per lavorare anche in un ambito così complesso e delicato
come quello della patologia cronica. Quando si lavora in terapia
individuale con un paziente, il terapeuta sistemico sa bene quanto
sia fondamentale avere ben chiaro nella mente il sistema di relazioni
della persona che si ha di fronte e ritengo che ciò sia ancora più
importante quando si ha a che fare con pazienti affetti da una
patologia potenzialmente invalidante, quando il supporto di altri
diviene essenziale. Nell’esperienza clinica con questi pazienti, mi
sono accorta che il loro mondo relazionale è particolarmente
delicato e spesso esposto a rischi proprio a causa della patologia,
per certi aspetti forse anche maggiormente rispetto ai pazienti che
quotidianamente riceviamo nel nostro studio. Avere una formazione
sistemico relazionale mi permette di lavorare su più livelli
(individuale, di coppia e familiare) in modo efficace e, in
particolare con questi tipi di pazienti, l’attenzione agli aspetti
relazionali diventa fondamentale se non vogliamo che la patologia li
blocchi in schemi di relazione disfunzionali o che il loro ciclo di
vita subisca una battuta di arresto, visto che spesso la SM diviene,
sia per il paziente che per i familiari, la loro “realtà dominante
quotidiana” (2), la lente attraverso la quale viene data una
spiegazione a tutto, comprese le difficoltà relazionali. La
versatilità dell’approccio sistemico e la sua applicabilità a più
ambiti (come anche i gruppi di sostegno terapeutico con portatori di
SM) rende tale approccio estremamente efficace e completo, permette
di ottenere ottimi risultati, anche in situazioni difficili, delicate
ed estremamente dolorose come quelle di persone condannate a
convivere con una patologia per cui non è ancora stata trovata una
cura.
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Cancrini L., Date parole al dolore. Milano: Frassinelli Editore, 1996
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Manfrida G., La narrazione psicoterapeutica. Invenzione, persuasione e tecniche retoriche in terapia relazionale. Milano: Franco Angeli Editore, 1998
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